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La storia del tabacco dall’antichità a oggi

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La storia del tabacco non è un argomento che interessa esclusivamente i fumatori più curiosi. Questa pianta, infatti, è stata oggetto di attenzione e interesse da parte di un’ampia gamma di studiosi.
Fumare è un’abitudine che hanno studiato e analizzato medici e scienziati, i quali sono arrivati, infine, a decretare i suoi rischi per la salute. Il tabacco è stato anche un elemento studiato da archeologici e storici che hanno individuato tracce e testimonianze dell’uso del tabacco da parte delle popolazioni indigine.

La storia del fumo, poi, è un argomento interessante dal punto di vista sociologico. La pubblicità, l’influenza della guerra su usi, consumi e tendenze, l’evolversi di nuovi mercati e l’approccio dei consumatori verso di essi ci dicono molto della società in cui viviamo, nonché delle sue continue rivoluzioni.

Partiamo, dunque, dalle origini del tabacco, passando per la scoperta del Nuovo Mondo che ne ha permesso la diffusione in Europa, fino ai nuovi prodotti oggi in commercio per i fumatori.

Qual è l’origine del tabacco

La scoperta del tabacco viene attribuita ai nativi americani. La maggior parte delle specie di questa pianta, infatti, proviene dalle regioni intertropicali e subtropicali dell’America.

Diverse sono le testimonianze dell’utilizzo del tabacco da parte delle popolazioni Mesoamericane, per lo più legato a riti magici o propiziatori. Popoli dell’America Centrale, come i Maya dello Yucatán, erano soliti fumare tabacco arrotolato negli involucri delle pannocchie di mais o masticarlo durante cerimonie religiose, nonché per instaurare una comunicazione con il mondo dei morti.

Altre popolazioni credevano anche negli effetti benefici del tabacco. Esse credevano che la pianta avesse proprietà capaci di curare o alleviare i sintomi di malesseri fisici o psichici.

La scoperta dell’America e del tabacco

La storia del tabacco, per i popoli europei, trae le sue origini dalla scoperta dell’America nel 1492. Rimasto fino a quel momento a uso esclusivo dei nativi americani, il tabacco suscitò immensa curiosità nel Vecchio mondo.

Le prime informazioni che abbiamo a disposizione provengono dagli scritti di Bartolomeo de la Casas, in cui si legge “…gli Indiani mischiano il fiato con il fumo di un’erba chiamata "petum" (chiamato anche tabago) e soffiano come dannati”.

Gli “indiani” incontrati da Cristoforo Colombo, come già accennato, credevano anche in proprietà benefiche della pianta di tabacco, ma utilizzavano quest’ultimo anche come mezzo per comunicare con le divinità o con gli spiriti protettori.

La spedizione guidata da Colombo, dunque, si affacciò a due grandi scoperte: il Nuovo Mondo, ma anche il tabacco, il quale venne trasportato e diffuso, anche in modo piuttosto veloce, in Europa.

Il tabacco arriva in Europa

Il tabacco conquistò popolarità anche in Francia. In particolare, la pianta venne resa nota dall’ambasciatore francese Jean Nicot, inviato a Lisbona dal re di Francia Enrico II. Nicot inviò alcune foglie e semi della pianta di tabacco come regalo per la regina, celebrandone le proprietà benefiche (si pensava persino che potesse aiutare a guarire l’asma o altri problemi dell’apparato respiratorio), tanto che Caterina de’ Medici le testò per guarire le cefalee del figlio.

La pianta di tabacco cominciò a essere conosciuta in Francia con molti nomi diversi, per poi essere definita Nicotiana dal naturalista Jean Liebault, amico di Nicot, in un suo libro, prendendo spunto proprio dal nome dell’ambasciatore francese. Il nome scientifico della pianta di tabacco è proprio “Nicotiana tabacum”.

La storia del tabacco tra commercio e divieti

Nel corso del XVII secolo, il tabacco perse, a poco a poco, l’accezione di erba medicinale e diventò per lo più un’abitudine. All’epoca, la sigaretta era ancora un orizzonte lontano, mentre in molti erano già avvezzi alla pipa.

Il tabacco, però, aveva già cominciato a farsi dei nemici. Tra questi, il re Giacomo I che definì il fumo come “un’abitudine nauseante per l’occhio, odiosa per il naso, nociva per il cervello, pericolosa per i polmoni” e vi applicò una tassa, per ridurne la diffusione.

Nonostante gli sforzi, però, la produzione e la vendita di tabacco continuò ad aumentare nel mondo. Mentre nel 1700 l’aristocrazia fiutava il tabacco perché considerato il metodo più aggraziato, il sigaro diventò il protagonista del 1800.

Fu alla fine dell’Ottocento e agli inizi del Novecento che la sigaretta smise di essere considerata un prodotto di nicchia. Risultato che si deve alla figura di James Buchanan Duke, il quale implementando i ritmi di produzione e lanciandosi in campagne marketing massive, conquistò una fetta sempre maggiore di consumatori.

In particolare, durante la Prima Guerra Mondiale scoppiò un vero e proprio boom di consumo. La sigaretta aveva quasi ormai assunto un valore simbolico per i soldati in trincea. Molti di questi facevano ritorno a casa portando con sé il vizio del fumo.

Negli anni, però, sempre più studi andavano confermando i rischi alla salute conseguenti al fumo di tabacco, sempre più associato a patologie della gola, laringe e polmoni.

Il nuovo millennio e le alternative per i fumatori

Da quando il tabacco è stato portato in Europa, le cose sono drasticamente cambiate. Oggi non si fuma più nei locali chiusi, sono state introdotte delle leggi sul fumo, i danni sulla salute sono ormai ben conosciuti e la percentuale di fumatori è in, seppur lenta, diminuzione.

Non manca chi cerca alternative meno dannose per la salute. Una rivoluzione, in questo senso, è stata offerta dalla commercializzazione delle sigarette elettroniche.

Tuttavia, queste offrono un’esperienza molto lontana da quella data dalla sigaretta tradizionale. È per questo motivo che il mercato si è indirizzato verso prodotti che potessero incontrare le esigenze dei più convinti fumatori.

Una soluzione, in questo senso, è stata offerta da riscaldatori di tabacco come Pulze. L’utilizzo di stick di vero tabacco, le ridotte dimensioni dei dispositivi e la facilità di utilizzo hanno attirato sempre più amanti della sigaretta tradizionale.

Un’esperienza più familiare e soddisfacente che si unisce a una riduzione dei rischi legati all’abitudine di fumare. Benché siano ancora pochi gli studi in merito, ma in crescita continua, i risultati fino ad ora sembrano confermare la minore nocività dei prodotti a tabacco riscaldato rispetto al fumo tradizionale. Questo, essenzialmente, perché grazie alla tecnologia heat not burn (riscaldare senza bruciare) alla base di questi dispositivi, la quantità di sostanze nocive rilasciate nell’aerosol che si viene a creare è minore rispetto a quella presente nel fumo prodotto dalla tradizionale sigaretta accesa.